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recensioni interstellari


music.it

Anno
Settembre 2018
Recensore
Fortuna Maiolini
Provenienza
Italia

I MaterDea nascono nel 2008 dall’unione di Marco Strega alla chitarra e Simon Papa alla voce. A loro si uniscono Morgan De Virgilis al basso (costante del gruppo dal 2010) e, dal 2016, Carlos Cantatore alla batteria, Chiara Brictadona Maneddu al violoncello, Camilla D’Onofrio e Giulia Subba ai violini. I MaterDea non hanno bisogno di grandi presentazioni. Circolano, floridi, nel panorama musicale torinese, d’oltralpe e statunitense da circa dieci anni. E si sente. A due anni dall’acustico “The Goddess’ Chants”, sono tornati generosi e gravidi d’una solenne elettricità. “Pyaneta” è un disco sobrio, equilibrato, decisamente maturo. Le ben salde e conosciute impalcature rock progressive dei MaterDea in questo lavoro sono ricche fonti di complessità autoriale. È come se l’elemento celtico, marchio di fabbrica del gruppo, si caricasse di calore e potere terreno, materiale, piuttosto che d’un arioso o introspettivo movimento. In “Pyaneta” l’utilizzo degli archi, oltre a illuminare la tradizione della musica pagana, risulta monumentale ed emozionale. Già nel primo brano, “Back to the Earth” tutte le carte arrivano sparate in tavola e mescolate con grande esperienza e maestria. Lo spirito libero dei riff della chitarra si combina egregiamente a una ritmica ferocemente pulita e ad un lirismo impegnato che emerge dall’unione delle due voci, quella fine e celeste di Simon Papa a quella più dura e boscosa di Marco Strega. L’impiego degli archi, oltre a illuminare la tradizione della musica pagana, risulta monumentale ed emozionale. In brani come l’omonima “Pyaneta” o “Accabadora” o la magnifica e conclusiva “Bourré del Diavolo” sono tanto aulici quanto massicci ed energici. Sorretti dal puro power metal, alimentano un immaginario in cui alla fantasia si combina la potenza dell’energia. La stessa che all’ascolto si manifesta istintiva nella pancia e per cui poi ci si comincia a muovere. E a muoversi e far muovere è il disco per intero. Sorretti dal puro power metal, i MaterDea alimentano un immaginario in cui alla fantasia si combina la potenza dell’energia. Brano per me degno di nota è “Neverland”, quinto dell’album. Piuttosto lineare, è il brano che ha risvegliato in me la commozione della mia parte infantile, quella migliore. Come una splendida sigla di un anime cult degli anni ’80 dove il bene lotta contro il male, la canzone dà quella carica esplosiva di speranza e di forza che è poi la ragione che ci spingeva a guardare ogni episodio. In “Pyaneta” gli episodi sono undici. Ciascuno varca i diversi orizzonti possibili e probabili di connubio e simbiosi tra pensiero e azione, tra maschile e femminile, tra essere umano e natura. La voce di Simon Papa è leggera. A tratti pare appena emersa dai fondali più profondi, ma cristallini. La si vorrebbe più incisiva, ma fin troppo bene questa voce si lega ai nervi del disco. I nervi di un solido rock che si muove tra il progressive e il celtico più moderno, che creano un canale impastato d’antico e di futuro insieme, abbracciando sempre il metallo più sincero.

iron folks

Anno
Agosto 2018
Recensore
Luca Morzenti
Provenienza
Italia

A quattro anni dal magnifico A Rose for Egeria, e dopo la parentesi unplugged di The Goddess' Chants, i MaterDea celebrano il loro decennale con un album lungo (11 brani per 67 minuti di musica), articolato e ricco di importanti novità. La grandiosa opener Back To Earth indica la direzione presa dalla band piemontese, un brano in perfetto MaterDea style ma che mostra un approccio maggiormente sinfonico, soprattutto per quanto riguarda gli arrangiamenti, scelta che caratterizza la tracklist a prescindere dalle differenti declinazioni conferite ai singoli brani. Rimandi ai dettami del metal anni '80 sono infatti evidenti in tracce come The Return Of The King, One Thousand And One Nights, The Legend Of The Pale Mountains e Legacy Of The Woods, mentre è Bourré Del Diavolo a rappresentare l'episodio puramente «folk» del disco; e se Neverland ha tutti i numeri per candidarsi a la potenziale hit (ma manche Metamorphosis potrebbe diventarlo), brani quali S'Accabadora, Coven Of Balzaares e la title track necessitano di qualche ascolto prima che la loro efficacia emerga appieno, altra caratteristica che contraddistingue un'opera che si candida a summa dell'arte firmata MaterDea ma senza voler rappresentare la conclusione di un ciclo, guardando anzi a un futuro che - grazie anche alla nuova formazione, qui al debutto con un repertorio inedito - sono certo ci riserverà nuove sorprese. Piacevoli, ovviamente. GIUDIZIO: Sbocciato.
Voto: 90/100

prog planet

Anno
Settembre 2018
Recensore
Geoff Penn
Provenienza
U.S.A.

This is indeed a saccharine infused album with multitudes of immensely jovial harmonic feminine sing along vocal lines set within a substantial accompaniment of full on heavy metal riffing and Celtic violin stylizations. Certainly too throughout the ten tracks there is a mammoth amount of instrumentally engineered pace and excitement injected into the main body of the music. Without doubt the purpose being to induce intense audience participation whether it be at a gig or just being played alone with other likeminded individuals. On first play there seems to be a vague similarity spread about the construction of the tracks and it is only with further spins that more of an appreciation is gained as to the subtle variances in riffing arrangements and more particularly the presence of violin and cello which is extremely well integrated into the score and adds interesting focal points to the music. However, for me, the album really only sprung into life onwards from the track entitled ‘Neverland’ (5) whereupon the mood of the music fully erupted into a full on Celtic inspired guise. It actually made me wonder if the recording had been spread over two isolated sessions engineered some months apart because the separation between the various instruments and voices became brighter and more distinguishable. The female vocals up to that point had, in my opinion, been overpowered and the impetus of Celtic instruments lost amongst the heavy riffing on the earlier tracks. A quick scour through the music clips on ‘YouTube’ suggest that primarily ‘Materdea’ are an exciting and energetic Celtic metal band working their audience to frenzied heights of extreme euphoria. Comprising a seven piece band of mysteriously swathed yet good looking male and female musicians all graced with an amazing stage presence. There is no doubt that this is a ‘fun to watch’ band I do however get the impression that their albums are purely fuel to feed the flames of a show business stage attitude fire. Summary: Melodic Celtic inspired heavy riffing metal but predictable in terms of vocal direction and overall musicality. Artwork:Based On Press Release Only -Colourfal and atmospheric.
Voto: 3.5/5

metal hard

Anno
Giugno 2018
Recensore
Renè Urkus
Provenienza
Italia

Nel 2014 recensii l’ottimo “A Rose for Egeria” e ora, dopo un disco acustico che purtroppo mi è sfuggito, mi ritrovo in redazione il quarto album di inediti dei piemontesi MaterDea, i quali propongono una miscela sonora che, se può avere qualche paragone in Francia o in Germania, è assolutamente peculiare in Italia. Se proprio dovessi catalogare la loro musica ne uscirebbe un binomio ben strano: folk/gothic metal! Ma se conoscete i Faun, i Qntal, o i Saltatio Mortis potrete intuire a cosa faccio riferimento… “Back to Earth” alterna sonorità new age (nell’intro e nell’outro) e godibili trame symphonic/gothic molto sostenute; “The Return of the King” è condotta da una ariosa melodia. La titletrack è un ethno/folk molto indovinato, mentre “Neverland” è forse troppo pop-eggiante e leggera in alcuni passaggi per la media del disco. “S’Accabadora” è certamente uno dei migliori episodi della tracklist: un folk metal complesso e sfaccettato, con linee vocali accattivanti: si pensa ai migliori Saltatio Mortis. “The Legend of the Pale Mountains” è una affascinante folk ballad, mentre “Coven of Balzarees” ci aggiunge anche qualche suono fiabesco, di quelli che fanno pensare ai film di Tim Burton. Conclusione molto particolare con “Bourrè del Diavolo”, brano folk (quasi) puro che si ispira alla tradizione centroeuropea. Un disco completo, intrigante e particolare, che può interessare un vastissimo spettro di ascoltatori.
Voto: 80/100

power play

Anno
Giugno 2018
Recensore
Mark Lacey
Provenienza
U.K.

"It’s quite possible that if JRR Tolkien had lived a bit longer, bought an electric guitar and created a progressive folk rock/metal band it might have looked and sounded a little bit like MaterDea. There is something very elfish about their look. There are white robes, enough silverplate jewellery to open a stall in Camden market, and horns-proper horns, presumably borrowed from a sacrificial goat. It’s hard to reconcile the visual theatre, with the (advancing) age of these musicians, and to expect anything other than a novelty act. How wrong was I? And so, I beg forgiveness from MaterDea, for judging them too early. Probably a safe option, given their tendency to pagan lyrics! This band of musicians from Turin, Italy -a stone’s throw from Lothlórien, Middle Earth- are anything but a novelty. In reality this album could well be one the finest progressive folk metal albums ever. The first thing that will strike you is the quality of musicianship, which could quite easily match Dream Theater or Within Temptation for dynamic or complexity, but it is the melody and chorus that will draw you in. Singer Simon Papa (female) has a sensational voice, and on hearing songs RETURN OF THE KING, ONE THOUSAND AND ONE NIGHTS, and LEGACY OF THE WOODS you’ll be wondering why this band haven’t broken beyond the Italian border. If, like me, you are quick to judge when confronted by a pair of fake horns, please close your eyes and let the music do the talking. You might just be surprised."
Voto: 100/100